Si prescrivono in 5 anni i contributi Inail ed Inps
di Davide Emone | 6 gennaio 2020 | News
L ’Agenzia delle entrate-Riscossione (ex Equitalia) notifica spesso intimazioni di pagamento, atti con i quali viene – appunto – intimato il pagamento di crediti contenuti in cartelle esattoriali mai opposte, che sono quindi divenute definitive. L’intimazione di pagamento precede l’inizio delle procedure esecutive (pignoramenti immobiliari, pignoramenti presso terzi, fermi amministrativi, ecc.) per il recupero di somme richieste da cartelle precedentemente notificate, alle quali non era seguita un’azione esecutiva entro l’anno.
In particolare, i crediti intimati dal concessionario della riscossione possono essersi estinti – e non essere quindi più dovuti – non solo perché il debitore ha interamente pagato la somma, ma anche per l’intervenuta prescrizione. Un debito si prescrive quando il creditore non lo richiede per un certo periodo di tempo, così da ingenerare la legittima aspettativa, per il debitore, che egli non sia più interessato all’adempimento, oltre che per dare certezza ai rapporti giuridici ed economici.
Per ciò che concerne i crediti contenuti in cartelle di pagamento non opposte, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23397/2016, hanno precisato che “la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.”
In sintesi, la Corte ha stabilito che anche se un credito è contenuto in una cartella di pagamento non impugnata e divenuta inopponibile, non avviene la conversione del termine di prescrizione specificamente previsto dalla legge (5 anni) nel termine lungo (10 anni), che caratterizza ai titoli giudiziali definitivi, quali le sentenze.
Di recente, due pronunce della Cassazione hanno ribadito il principio in questione per crediti contributivi ed assistenziali di Inps e Inail.
La sentenza n. 1652/2020, depositata il 24 gennaio 2020, ha confermato che i contributi Inail si prescrivono decorsi 5 anni senza che essi vengano richiesti con un atto al debitore. Nel caso di specie, infatti, la cartella esattoriale (contenente crediti contributivi ed assistenziali) era stata notificata al contribuente nel 2003, mentre l’atto successivo – un’intimazione di pagamento – solo a fine 2009, senza che tra le due notifiche l’agente della riscossione avesse formalmente richiesto il pagamento. Il contribuente si è quindi vittoriosamente opposto all’intimazione di pagamento, eccependo che al momento della sua notifica la prescrizione era già maturata e non era più possibile avanzare nei suoi confronti alcuna pretese.
L’ordinanza n. 1824/2020, depositata il 27 gennaio 2020, ha ribadito che anche i contributi Inps si prescrivono in 5 anni. Nella motivazione, la Corte ha rilevato che il fatto che il compito di riscuotere dette somme sia stato affidato all’Agenzia delle entrate-Riscossione dall’ente creditore (Inps), non muta la natura del credito ed il suo regime prescrizionale. In particolare, la prescrizione è quella “breve” di 5 anni, ed una sua modifica sarebbe incompatibile con il principio, di ordine pubblico, dell’irrinunciabilità della prescrizione. Ciò, peraltro, anche nel caso di richieste di rottamazione o saldo e stralcio caratterizzate da irregolarità (dichiarazioni incomplete, false, mancati pagamenti), con conseguente riaffido all’ente di riscossione: la prescrizione resta quinquennale. Anche in tale fattispecie, quindi, le somme richieste con l’intimazione di pagamento sono state dichiarate non dovute perché prescritte.
In conclusione, in caso di notifica di un’intimazione di pagamento, di un atto di pignoramento, di un preavviso di iscrizione di ipoteca o – in generale – di qualsiasi atto da parte dell’Agenzia delle entrate-Riscossione (ex Equitalia), è sempre opportuno verificare tempestivamente se i crediti di cui viene richiesto il pagamento siano o meno prescritti, così che non siano più dovuti.
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